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— Già, i plebei — disse l’Agrati — li giustiziavano in un altro posto per evitare la confusione del sangue rosso col sangue bleu.
— È vero, — continuò Pesaro — morivano divisi, ma vivevano insieme. In mezzo a queste case plebee sorgono ancora le vecchie dimore dei patrizii con una promiscuità che il nostro secolo democratico non tollera più. Guardate. Se prendiamo il palazzo dell’Arcivescovado come centro di un immenso ventaglio le cui stecche si aprono a sud della città troviamo subito a sinistra il palazzo Durini, poi quello dei Visconti, degli Archinti, dei Resta, dei Gola, dei Sormani-Andreani, fino al palazzo Trivulzio.
Erano presso al ponte del Verziere.
Pesaro fece ancora qualche passo, oltrepassò il ponte e segnando colla mano a sinistra:
— Quel cortile nero in riva al Naviglio dove macerano insieme uomini e legname, lavandaie e cenci, non pare la Corte dei Miracoli?
— E a te piacciono questi luoghi? — domandò Daisini — a te igienista?