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nacciare una crisi, dovette consegnargliele. Tra esse ve n’era una che Serpilli stesso aveva portata.

Febbrilmente, con una forza che gli veniva dalla eccitazione nervosa, Filippo allontanando colla mano le altre lettere dopo averne scorso in fretta con l’occhio la soprascritta, si concentrò tutto in quella di Serpilli. Via via che leggeva i suoi occhi si accendevano, dilatavansi le sue nari col movimento meccanico del puledro che aspira fin dai primi passi la vertigine della corsa e sulle sue guancie, delle quali la malattia non aveva peranco intaccate le nobili linee, Minna che lo osservava attentamente vedeva diffondersi quello speciale pallore azzurrognolo che era in lui il segno sicuro della commozione.

Subito, quasi temesse di perder tempo, Filippo chiese una penna. Pensava Minna ad un breve biglietto di risposta, ma quando vide che sotto le dita rattrappite di Filippo le pagine si andavano accumulando divenne inquieta. Volle osservargli la prescrizione medica dell’assoluto riposo, ma non mostrando neppure di averla intesa egli continuò a scrivere. La mano gli tremava un