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nimo, ma soffre. Le assicuro che soffre, che è realmente ammalato. E poi deve avere ben gravi preoccupazioni.
— Il mondo è triste, — gemette Stello con accento di chi parla a sè stesso.
— Non ignoro ch’egli ha dei nemici.
— Ah! — fece Stello — speravo che questo dolore le fosse risparmiato.
— Perchè? È meglio conoscere tutto. Io non ho paura del dolore.
Il giovane abbassò la fronte in atto di umiltà, ripreso dalla ammirazione che già altre volte gli aveva ispirata quella donna e che lo faceva ora vergognare di non sentirsi sempre forte vicino a lei. Dopo qualche istante di silenzio soggiunse:
— Il dolore sarebbe sopportabile se non fosse così spesso congiunto all’ingiustizia.
— Pure l’ingiustizia è legge della vita.
Minna aveva pronunciate queste parole con sì accorato convincimento che Stello si sentì dare un tuffo nel sangue.
— Ma allora?
— Allora bisogna accettarla.
Riflettè un secondo, corrugando le ciglia, colle labbra strette e disse ancora: