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più remota fibra sbattuta e percossa nell’impeto di una commozione come mai avea provata l’eguale.
A un tratto Minna disse piano: “Dorme„: e nel gesto che fece per rimboccare il lenzuolo sulle spalle del bimbo il raso bianco delle sue braccia sfuggì al leggero accappatoio che le ricopriva descrivendo una curva piena di grazia.
Rimase un solo istante in quella positura, ma Stello che la guardava ne ebbe una vertigine e come uno smarrimento dolce e profondo che lo tenne fra il sogno e la realtà in possesso di quel tanto di ragione che bastava appena a fargliene godere l’oblio di minuto in minuto più avvolgente.
— Dorme? — ripetè egli movendo qualche passo per dominare il proprio turbamento.
— La febbre non cresce — rispose Minna.
— Non tornerà più, vedrà. Il periodo ascendente è chiuso. Ora è questione di un po’ di pazienza.
Ristettero in piedi a contemplare il bambino. Stello esclamò con appassionata ammirazione: