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prima costretta a tutti i nostri desiderî. Beviamo alla forza audace, al pensiero che non accetta limiti, al coraggio che non conosce ostacoli; beviamo agli Eroi! Noi, poichè abbiamo fatta nostra l’ammirazione per questi esseri superiori ed in essi ci specchiamo con superbia, forse, ma anche con una grande sincerità di ideali, noi crediamo che il nostro dovere è di essere grandi; e se non tutti riusciremo portatori di luce, tutti dobbiamo essere ricercatori di verità, quanto dire Eroi. Beviamo dunque a noi stessi, alle nostre lotte, al nostro divenire!

Risposero tutti in coro: — Beviamo!

La gioconda ebbrezza che correva in ognuno di quei cervelli, e l’ora, e l’occasione, fecero accogliere con entusiasmo le parole del Duce sintetizzanti il loro programma.

Un fragoroso urrà scosse sulla tavola i calici omai vuoti. Poco dopo Filippo Cònsolo si alzò per partire.

Alcuni dei soci erano già usciti alla spicciolata. I rimasti, gli intimi, Stello, Agrati, Daisini e Pesaro furono subito d’accordo per accompagnare Cònsolo fino alla sua dimora.