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gonfio, ma come il bimbo si addormenta placidamente Minna si tranquillizza.
Due giorni dopo a tavola il bambino è svogliato, rifiuta i cibi, strepita, piange.
— È insopportabile con questi capricci! — esclama Filippo. — Bisogna farglieli finire.
— Non ha ancora l’età della ragione — mormora Minna dolcemente.
— I freni incominciano dal giorno in cui si nasce.
— È vero, ma forse oggi si sente male.
Dicendo così Minna gli tocca la fronte, le guance, il collo.
Il bambino se ne schermisce con un atto dispettoso e strilla. Filippo infuria; egli infuria sempre contro il piccino alla più piccola occasione. Minna comprende istintivamente che tutto quel furore è un residuo dell’odio dedicato a lei, e più ancora della crudeltà contro se stessa la offende nel suo profondo sentimento di giustizia la bassa vendetta compiuta sopra un innocente; il suo concetto della responsabilità se ne accresce. Sentirsi necessaria alla sua creatura è uno stimolo che le raddoppia le forze nello stesso