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Sciatta, volgare, vecchia senza mistero, ignuda senza nobiltà, la vista di quell’ampio fabbricato dà a Minna una stretta al cuore; ma i draghi, i draghi vigili sull’alto tetto non sono forse ancora quelli che i suoi occhi innocenti avevano tante volte contemplato con un senso arcano di paura e di fascino? Ma il balcone, il balcone che sa, non si apre ancora alla brezza palpitante pregna dei pòllini rapiti ai vicini arbusti? E le acque del Naviglio non passano ancora lente, continue, riflettendo le case e le finestre e le piante che tremano sul lucido specchio come persone vive?

Minna avverte che il balcone è vuoto, chiuse le persiane, silenzio tutto intorno. Nessun indizio di altre esistenze le turba la maestà dei ricordi. Ella può vedere ancora se stessa in una sera di estate, una sera simile a questa, spiare da quel balcone il ritorno di Filippo e l’evocazione è così ardente, così precisa, che le si piegano i ginocchi, prossima a venir meno.

— Mamma.... — frigna il bambino.

Minna si riscuote; teme d’essersi allontanata troppo; ma no, il piccino è avvezzo a lunghe passeggiate.