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Venti calici si alzarono, venti voci gridarono evviva. Cònsolo si chinò verso Agrati e Daisini che gli stavano dappresso, e disse loro a bassa voce: — Omnia mihi licent sed ego sub nullus redigo potestate.

Gli amici sapevano che era questo uno de’ suoi motti favoriti e l’averlo pronunciato in quel momento significava che egli non si sarebbe lasciato abbagliare neanche dal successo. In realtà aveva paura di soccombere a una sensazione di piacere che gli sembrava meschina, indegna del suo grande orgoglio. Pensava che quando uno sente veramente in sè la forza di un trionfatore deve accogliere il trionfo come condizione normale della propria esistenza; e si impose una maschera di impassibilità che nemmeno i successivi calici del vino che sopra tutti gli altri inebbria alterarono menomamente.

Esauriti i brindisi la conversazione di generale che era si divise in gruppi. Daisini disse all’Agrati:

— Sai? quella studentessa russa che firma Roussalka scriverà un articolo di fuoco contro le idee di Cònsolo.