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scorto Filippo Cònsolo ne ascoltava trepidando il rumore dei passi attraverso il tavolato che divideva le loro camere; sogno che sarebbe forse rimasto allo stato di una fluttuante ebbrezza solitaria se la scena violenta del balcone non l’avesse d’un tratto piombato nella più inesorabile realtà; e mentre ella si era fatta dell’amore uno stato di elevazione quasi religiosa egli non aveva visto in lei che una volgare avventura di maschio.
L’illusione non era più possibile. Minna anzi si meravigliò della sua lunga cecità, dovuta in parte alla assoluta innocenza, in parte all’ardore stesso della sua passione che per tanto tempo potè nutrirsi di sè.
Ma ripensando a tutto quello che era seguito dopo, alla mortificante attesa, al ritorno concesso come una grazia, ai rari istanti di abbandono subito cancellati con una ostentazione di freddezza altera, alla cura costante di tenerla lontana da sè, dalla sua anima, dai suoi pensieri, ripetendole sempre che ella era una femminuccia ignorante indegna di comprenderlo, a tutti questi ricordi accompagnati da gesti, da sguardi,