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gli affranti accostarsi per averne luce e calore? Non dunque il portatore della lampada può preoccuparsi del brucherello che gli agonizza a lato o della radichetta vizza che si frange sotto il suo passo poichè la sua missione è di vegliare colle pupille sollevate e la mano salda„.
E sia, — concludeva Minna.
— Ho creduto di comprenderlo e mi sono ingannata; egli è stata la bufera che mi portò in alto; il suo compito è finito; ora tocca a me. Perchè ostinarsi a pretendere dagli altri la propria felicità? Esiste forse un bene che non abbia principio in noi stessi? Sia amore o sia fede, sia trionfo di lavoro o ebbrezza di sensi, sia coscienza di un potere o esercizio di una volontà? Se io cedo, se mi frango, se muoio sotto il suo disprezzo insolente avrà ragione lui: sarò la radichetta insignificante, sarò il bruco volgare che impunemente si schiaccia.
Dinnanzi a tale ipotesi Minna palpitava e fremeva, colle labbra strette, l’occhio raccolto e fisso in una visione interna.
— Ma se mi sollevo, se lo eguaglio, se lo vinco la ragione è mia!