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in gabbia e fuggito ancora, tenne lo scettro dei discorsi fino all’ora della cena. La signora Cònsolo di tanto in tanto guardava suo figlio col segreto struggimento di poterne leggere i pensieri. Gli aveva scòrto sulle tempie due o tre capegli bianchi e quella vista la rimestava dolorosamente. Era mai possibile ch’egli invecchiasse? soffriva forse? e di che cosa?

Finalmente essendo venuta l’ora di andare a letto zia Aglae accese tre candele in tre candelieri d’ottone e accompagnò l’atto con questo aforisma: Quando piove si sta bene sotto le lenzuola.

Appena madre e figlio furono entrati nelle rispettive camere ebbero un solo pensiero: riunirsi.

Si incontrarono, si urtarono quasi sulla soglia della stanza di guardaroba dove era stato rizzato un letto per Filippo, comprendendo entrambi che il momento era giunto; il momento che apriva un’ora solenne.

Pure tentarono di indugiare ancora. Liberi alla fine e soli, l’ansia di sapere cedeva nella signora Cònsolo a un improvviso allarme; era l’istante di debolezza che fa