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l’acqua rimasta sulla mano di Minna che non se ne accorgeva neppure. C’era già tanto freddo nelle sue vene, nel suo cuore, nell’intimo della sua povera anima calpestata; non poteva sentirne di più. Avrebbe voluto gridare «oh! Filippo!» ma la voce le venne meno e l’inutilità del suo amore le fu in quell’istante così manifesta che se è possibile comprendere da vivi l’annientamento della morte ella lo comprese, allora.

Il silenzio che seguì fu penoso, forse per entrambi; forse Filippo era già lungi nel mondo delle astrazioni quando un fievole vagito ruppe l’aria e Minna scomparve nell’interno della casa.

All’alba del giorno dopo Filippo fu lesto in piedi per poter raggiungere il treno. Minna al suo fianco disfatta lo aiutava nei minuti preparativi.

I suoi occhi cinti di una zona livida attestavano l’angoscia della notte, ma egli non se ne accorse. Per alcuni istanti si fermò ai piedi del letto dove il bambino dormiva nella sua culla; tuttavia avendo Minna fatto il gesto di rimuovere il velo che lo copriva disse subito quasi a prevenire una molestia: