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bufera che l’aveva improvvisamente sconvolta, erano stati quelli i confini del suo mondo fino allora; e i dolci sogni di cui lo aveva popolato, le timide speranze, i desideri inconsapevoli e furtivi vi avevano pure tracciato una tenue rete ondeggiante dalla bassa seggioletta di paglia dove Minna sedeva a ricamare, alla vecchia pendola del caminetto, e alle tendine della finestra da essa rimossa per gustare intera la vista del Naviglio sulle cui acque fuggenti le sembrava sempre di correre un poco, di correre incontro all’avvenire. Spezzare così questa trama, interrompere il dolce e malinconico incanto delle abitudini per affrontare l’ignoto di un involontario esilio, era tale tristezza da imprimere un solco nel cuore fedele di Minna.

Pure Minna non voleva essere infelice. Le idee e le sensazioni si avvicendavano nel suo cervello con un magnifico ritmo d’ordine e di armonia. Umile ma forte, lo scoraggiamento non la dominava mai così assolutamente da non lasciarle zampillare dentro una misteriosa linfa rinnovatrice di tutte le energie. Era un’anima troppo sana