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tutte in piedi, intorno a Filippo Cònsolo; fervendo in tutti una gara di potergli parlare direttamente, di ottenerne una parola, uno sguardo.

Stello non ebbe bisogno di chiedere. Comprese che l’amico suo aveva vinto.

Ma allora un assalto improvviso di timidezza, unendosi alla gioia della buona notizia, invece di spingerlo innanzi lo guidò istintivamente verso un cantuccio d’ombra dove giunse inavvertito e dal quale, rimettendosi a poco a poco, potè osservare l’insieme della riunione. Che cosa avrebbe egli detto al trionfatore, poichè la parola elegante di Guido Pesaro sembrava dominare in quel momento le altre ed ogni sorta di complimenti e di felicitazioni erano già state pronunciate senz’alcun dubbio da ognuno di quegli uomini che, pur essendo giovani, lo erano tutti meno di lui e qualcuno di essi vantava un nome già conosciuto? appunto come Pesaro, pieno di un ingegno eclettico che gli permetteva di interessarsi ai più alti problemi sociali non abbandonando gli studi di chirurgia ai quali era particolarmente addetto; o come l’avvocato Daisini, il loro