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lute di prima; ma non è nulla, non è nulla — soggiunse precipitosamente.

Stello non volle insistere: continuava però a guardarla nelle guancie assottigliate, nella piega dolorosa delle labbra e guardandola così dappresso scopriva in lei certe piccole bellezze modeste che a tutta prima non apparivano; l’orecchio delicatissimo di una forma perfetta, il collo bianco e rotondo, la pelle di un tessuto liscio di camelia, e quelle mani, quelle agili mani alate, fragili, fini, quasi palpitanti di un’anima propria a cui la signorile occupazione del ricamo aveva conservato una purezza ideale di linee. E ancora, nella improvvisata vicinanza, una emanazione discreta di eleganze intime fatte non di lusso ma di abitudini delicate, per cui l’aria intorno a lei sembrava scevra di contatti materiali e i trafori leggeri di cui le sue abili dita di ricamatrice le avevano ornato lo scollo dell’abito si sollevavano sul suo petto col soffio appena percettibile di una nuvola nell’aria.

Un vivo interesse, una pietà gentile tenevano Stello inchiodato dinanzi alla fanciulla. Con un nobile slancio di altruismo egli