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mense circondate di bimbi esultanti. Si incrociavano intorno a lei gli auguri delle buone feste, ma nessuno le era destinato ed ella correva, correva rasentando il muro colle mani sprofondate nel manicotto di Filippo, rondinella sperduta cui attendeva sotto le grondaie un nido freddo al quale si sentiva straniera.
Terminò la giornata nella camera di Cònsolo sotto pretesto di riordinare i suoi libri, riordinandoli infatti per il bisogno di stare con lui, di vivere dove egli viveva, di conoscere quelle carte ch’egli amava tanto e che ella pure voleva amare. Da quando la mente superiore di Filippo Cònsolo l’aveva, prima colpita, poi penetrata a poco a poco sforzandone l’intelligenza che il gelo degli affetti aveva paralizzata e che si apriva ora sitibonda di luce, le era venuto anche il gusto della lettura per la stessa legge armonica che ad una ruota spostata ridona l’elasticità del moto appena sia rimessa nel suo giusto equilibrio.
Tutte le facoltà psichiche di Minna scosse dalla rivelazione palpitavano ansiose. Ella sapeva ora che la vita deve essere una