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un peso inesprimibile, da un malessere indefinito che la rendeva triste, che le faceva tornare a gola il sapore di ogni cibo e parer nauseabondi i più soavi profumi. Ricamava in quel tempo il corredo di una sposa e alla trama della lieve batista mille pensieri ella andava intrecciando che erano come spine tra i fiori del suo lavoro.

Chi più di lei aveva sognato l’amore benedetto? l’amore che gli uomini rispettano, che Dio fa santo? l’amore che dice alla donna: «Vieni, ti apro la mia casa, ti dò il mio nome, riposa sul mio cuore». Oh! dolcezza essere amata così e poter camminare fieramente in mezzo a’ suoi simili tenendo alta la fronte che nulla ha da nascondere!

Minna attribuiva alla stagione quella malinconia insolita, quell’insolito malessere, e ricamava, ricamava indefessamente.

— Lavori troppo — le disse un giorno la vecchia sua compagna — hai le guancie infossate, sei magra, sei livida. Gran testardaggine è stata la tua a non voler studiare quando eri in tempo. Ora faresti qualche cosa di meglio che la ricamatrice e non