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rale calamita attratti avrebbero fecondato le zolle dei martiri e degli eroi. Ma egli era un povero disgraziato fanciullo, uno strano fanciullo che lo squilibrio dei nervi rendeva impotente all’azione e non riuscendo a operare secondo i propri ideali e non volendo cadere zimbello degli altrui, ardeva solitario e non unico, lampada votiva misteriosamente accesa fra gli uomini.
Che avrebbe fatto nel mondo propriamente detto, nel mondo degli affari e delle ambizioni, egli che a quindici anni usciva per la prima volta dalla famiglia e non aveva mai presa in mano una moneta e conosceva le parole per averle lette nei libri più che per il loro valore nella vita?
Fu in quell’anno della ammissione di Meme al Liceo che Renata si innamorò di Giacomo Dena. L’anno appresso la madre moriva e Meme rimaneva abbandonato alle cure della nutrice. Questi avvenimenti influendo sulla sua sensibilità malaticcia affrettarono lo sviluppo di qualche attacco epilettico che determinarono la sua vocazione alla solitudine apportandovi un elemento nuovo di malinconia nel quale si