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Nè andando a letto cessava il lavorio del cervello. Quando le pupille chiuse non vedevano più nulla, la fantasia continuava a vedere ancora. Nel buio fitto della camera, rannicchiato sotto le coperte, Meme che non facendo nessun moto non era mai stanco dava corpo e sembianze ai racconti della nutrice. Egli edificava coll’immaginazione il palazzo del Re, il castello del Mago, la Foresta incantata, e si aggirava e viveva in questo mondo della sua fantasia dove nessun ostacolo frenava i suoi slanci, dove l’assoluta mancanza di tutto ciò che è preoccupazione materiale gli spianava la via al volo sempre più libero, sempre più alto. Come non avrebbe egli preferito al mondo reale quel mondo infinitamente superiore? quel mondo dove non si urtava in nessun spigolo, dove non si cadeva, dove non si prendevano medicine, dove non vedeva piangere?

La veglia, la terribile Sirena della notte, allacciava il bambino nelle sue maglie incantate, lo attirava nel fondo dei misteriosi mari che l'allucinazione popola di una flora meravigliosa, dove la chiamera tuffa le ali