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e la loro vita vi stesse sospesa per un filo. La donna era pallida, le mani contratte, un sorriso da sfinge misterioso e perverso. Egli, con un principio di congestione nella fronte dove le idee sembravano dibattersi a disagio brancicava il guanciale con un tremito di tutta la persona. Inconsciamente si erano avvicinati. Egli sentiva sulla sua pelle il soffio ardente di lei e intanto come se il magnetismo di quella volontà potente si fosse già comunicato alla sua intelligenza gli si delineava davanti agli occhi un volto noto. Quando ella lo ebbe compenetrato del suo proprio pensiero e lesse un nome nella immobilità stupita delle labbra, solamente allora gli alitò sulla faccia:

— Meme.

Giacomo Dena aveva pur visto il bagliore della folgore ma la percossa lo atterrì. Muto al primo istante, balbettò poi:

— Credi che accetterebbe?

— No.

— E allora?

Renata accentuò il sorriso misterioso e perverso sibilando:

— Può egli giudicare?