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sisteva miracolosamente all’uso ed all’abuso; sopra un panciotto di colore sobrio attraversato da una catena di metallo niellato ciondolavano una medaglia commemorativa e un corno di corallo; un mosaico di Venezia nel quale brillava la cupola d’oro di San Marco faceva capolino dalla, cravatta di un cupo azzurro. Le preoccupazioni del bell’uomo erano sopravvissute in lui al naufragio di tutto il resto.

Dal posto dove si trovava accanto al camino Renata vedeva per un quarto il volto di suo marito; vedeva la mano accarezzante i baffi con altalena automatica e la palpebra pesante ed immota sull’occhio fisso. Si levò in piedi di nuovo per dare un ordine alla nutrice; tornando trovò Giacomo Dona seduto, ma sempre con quella attitudine di assorbimento che gli era affatto insolita. Disse ancora Giacomo Dona:

— Che temporale!

Questa volta Renata rispose:

— Se ne vengono parecchi di egual forza tutto crollerà qui.

— Nella mia camera pioveva sul letto; ho dovuto rimuoverlo.