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ficiale di Stato Civile, seguito dal suo segretario, prendendo posto presso un tavolino, apriva il Codice.

Meme, rimasto solo dall’altra parte, ebbe l’impressione di precipitare in un abisso. Sentiva dell’abisso il freddo, la vertigine e quel misterioso potere del vuoto che mentre lascia viva la percezione della caduta paralizza tutte le forze di reazione. Dove era? Chi erano quelle persone nemiche? Che cosa volevano da lui? Perchè lo avevano chiamato? Una terribile confusione certo era avvenuta. Occorreva spiegarsi. Elganine era là.... lei sola poteva dissipare tutte le ombre. Perchè non parlava? Perchè non veniva in suo aiuto? Gli sarebbe bastato uno sguardo.

Ah! di Elganine non si scorgeva che la massa bianca del velo accasciata sulla poltrona, seminascosta dagli uomini che le stavano intorno coll’evidente intenzione di custodirla, di segregarla, quasi di difenderla dalla presenza del marchese.

Ciò era troppo. Il sentimento della sua dignità e del suo diritto si faceva strada nella mente di Meme attraverso la lunga abitudine della remissione. Tolto alla sua