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La notte del trentuno maggio moriva tra i profumi di una rapida e violenta fioritura della campagna. Ferrara ne assorbiva le lontane fragranze dalle bocche livide de’ suoi cortili pieni d’ombra, dagli archi delle sue porte misteriosamente aperte nei silenzi della notte ai fantasmi del passato.

L’ultimo raggio di luna battendo sulle rovine di Crevalcore penetrò nella finestra dove dormiva Meme e venne a destarlo colla dolcezza imperiosa di un bacio che si fosse posato sulla sua fronte. Quello era dunque il gran giorno!

Nel lieve bagliore crepuscolare in cui affondavano gli oggetti, Meme non distinse subito la sua cameretta ed i mobili consueti.