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aveva fatto negli ultimi giorni per vedermi e si lagnò con dolcezza di non avere trovato neppure una parola nel cavo della quercia.

Continuando io a tacere per un gruppo insormontabile che mi stringeva la gola egli discese lentamente dal muro e mi si fece da presso tentando per la prima volta di prendermi la mano. Con un movimento brusco le nascosi entrambe dietro il dorso appoggiandomi a un albero. Egli allora arretrò di alcuni passi guardandomi col più sincero stupore. Fu ancor lui che prese la parola:

— Che avvenne? Perchè così mutata? È in collera?

Domande sprecate. Persisteva in me l’assoluta impossibilità di parlare, strozzata da quel nodo in gola che sembrava crescere di minuto in minuto, mentre tremavo internamente come presa da febbre e fissandolo sentivo che le mie pupille si dilatavano in modo spaventoso. Ne ebbe egli paura o pietà? Lo ignoro; ma sotto l’impressione che ne ricevette fece un movimento col braccio che mi ridiede la visione immediata del ritratto che avevo visto nel giornale inglese. Allora mi