Pagina:Neera - Crevalcore, Treves, 1907.djvu/158


— 152 —

sere tu che Doroteggi in tal modo. Mi invidii forse?...

— Signore! — esclamai con una certa vivacità che doveva nelle mie intenzioni mascherare un po’ di batticuore — che fate nel mio giardino?

— Domando perdono; il giardino in cui mi trovo è mio. Rettifico pure la parola giardino: noi siamo e l’uno e l’altra in un bosco.

La voce che parlava non sembrava più la stessa voce che aveva riso. Quella poteva aver torto; questa vibrava colla sicurezza di chi difende un diritto. Effettivamente lo sconosciuto stava dall’altra parte del muro.

Mi affrettai a toccare la riva, ma non potei salvare l’orlo della mia gonna che giunse a terra gocciolante come un ombrello. La testa del giovinetto intanto era scomparsa; pure lo sentivo a cantarellare dietro il muro con una intonazione che mi parve oltre modo insolente.

11.a giornata. — L’incontro di ieri non era certamente tale da preoccuparmi in qual-