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tratto di corritoio quasi buio si trovò in un vasto cortile fiancheggiato da portici, pochi dei quali si conservavano intatti nella loro compagine austera di pietre annerite dal tempo ed uno solo anzi mostravasi intero con una audacia violenta di colosso che sfida i secoli; ma quello e gli altri ed ogni cosa in giro era così pervasa di antica maestà che il rispetto si impose subito. Trasudava da quelle rovine una oscura minaccia come se il Mille riaffacciandosi alla vita volesse ancora agitare nel mondo paurosi presagi. Quanto sudore, quante lagrime, quanto sangue si mischiava all’umidore gocciante dai muri negli angoli più cupi dove il sole non giungeva mai, dove la muffa saliva lentamente dal suolo alle pareti con una ramificazione intensa di parassiti tacitamente divoratori, simili ad una gigantesca lebbra?

Anche in questo, come in tutti i cortili delle vecchie case di Ferrara, si apriva un pozzo, ma se ognuno di quei pozzi e di quei cortili sono di una tristezza che agghiaccia, questo sembrava riassumere in sè tutti gli schianti, tutti i dolori, tutte le disperazioni,