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equilibrio con un sospirone che lo liberò di ogni dubbio.

Da quel giorno si venne a parlare apertamente in famiglia del matrimonio di Meme. Solo colla nutrice Renata accennò, in senso vago, ad una gita misteriosa senza entrare nei particolari di essa. La buona donna vedeva il caro figliuolo assorto in profonda meditazione e non osava disturbarlo; ma col suo istinto di cane fedele intuiva grossi avvenimenti; nè la pungeva volgare curiosità di femminetta poichè ella aveva al pari di Meme l’anima elevata al di sopra dei miseri fatti quotidiani, e mezzo secolo di vita trascorsa nelle rovine di Crevalcore l’avevano abituata ai misteri del silenzio.

Ella non disse nulla quando lo vide in quei giorni d’affanno errare come uno spirito in pena sotto gli archi del porticato o starsene per ore ed ore nella sua cameretta solitaria colla fronte fra le mani, sospirando. Nulla poteva dire la povera donna; ma ogni volta che lo sguardo di Meme cadeva sopra di lei si incontrava in una così larga onda di affetto che la consolazione ne scaturiva