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Sopra tale esclamazione patriotica si stabilì un certo silenzio. La carrozza passava per vie deserte e silenziose, lasciando scorgere a tratti l’angolo di un muro diruto o la fuga misteriosa di bruni angiporti intorno ai quali vagavano con passo d’ombra quelle singolari figure di mendicanti che pare vivano nelle pieghe degli antichi monumenti sorgendo quasi per incantesimo sui passi di ogni forestiero; per la maggior parte donne ravvolte in neri scialli, dalle occhiaie profonde e dal gesto di fantasma.

— Anche la primavera è triste in questa città, — disse fievolmente la signora dopo di avere raccolto nel cavo delle pupille una gamma infinita di gradazioni grigie, — chi direbbe che siamo in aprile? Non ho ancor visto una rosa.

— Ma questo colore locale, — esclamò con passione il perugino, — questo colore d’incubo e di mistero è appunto il fascino di Ferrara. Non le pare?

— Sì, sì. La mancanza di fiori, la povertà del verde lo accrescono fino allo spasimo, siamo perfettamente d’accordo. E quei segni sibillini sopra un gran numero di case,