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— E così? — fece Giacomo Dena sporgendo la testa dall’uscio poichè aveva visto sua moglie sola.

Colle ciglia corrusche, l’occhio torvo, Renata sembrava inseguire attraverso lo spazio la fuga di una visione.

— Non accetta eh? Ne ero quasi sicuro.

— Taci — disse Renata ruvidamente — e mai come in quell’istante Giacomo Dena le parve piccolo e volgare.

Poco tempo dopo ella si trovava nella camera di Meme. Era una cameretta modesta in cui non si rifletteva il vetusto splendore del palazzo. Stretta e lunga aveva nel lato più breve dirimpetto all’uscio una finestra che dava sul cortile, proprio al di sopra del pozzo, e dalla quale penetrava una luce scialba e fuligginosa in armonia colle pareti nude di un bianco sporco dove un’antica spugnatura rossastra aveva lasciato delle macchie qua e là. Un grande crocifisso di legno nero apriva le braccia al di sopra del letto; era tutto tarlato e quei bucherelli pieni di polvere disegnavano sul corpo del Cristo una specie di lebbra che lo rendeva anche