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crificio. Che gli importava il modo di darsi poichè l’ora divina della dedizione era alfine giunta? Coll’ardore di un santo per le formule della propria fede egli ripeteva fra sè le dolci parole: sono suo; e se ne imbeveva qual di aroma delizioso.
Ecco finalmente la lettera.
Non la bàlia, ma Renata stessa quasi a dare una sfida alla sorte o forse con un magnanimo impulso a prendere sopra di sè responsabilità intera, muove ardita a ritirarla e la consegna al fratello senza che un muscolo della sua mano trasalisca. Giacomo Dena esce.
Lo scricchiolio del foglio tolto dalla busta rompe appena l’alto silenzio. Meme che è un po’ miope accosta la lettera agli occhi e la percorre per la durata di un tempo che nessuno può calcolare. Un brivido di fatalità è nell’aria. Vedendo che il fratello non si riscuote Renata si china verso di lui. Egli alza la fronte e un velo di lagrime sta davanti alle sue pupille.
Renata inquieta lo interroga. Non risponde. Incalza, ed egli fugge lasciandole la lettera fra le mani.
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