giosa. Nel più fitto di una festa, quando tutti erano allegri io mi domandavo: perchè? E mi trovavo sola. Mi riusciva impossibile di stabilire nessuna comunicazione con tutta quella gente, uomini e donne. Se non parlavano un’altra lingua, davano però una diversa espressione alle parole — e ne volavano tante nella insoffribile verbosità femminile — nella tracotante presunzione dei maschi — così rapidamente avventate, circolanti, rumoreggianti, trasportate come dal turbine e leggiere! Più essi parlavano, più ammutolivo. Provavo una vera sofferenza fatta di umiliazione e di sdegno e più ancora di una profonda malinconia. Cercavo di vincermi e non vi riuscivo. Dicevo a me stessa: Perchè tutta questa gente vive, si muove, parla, e non vive nè si muove, nè parla colui che io sogno?