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112 addio!


rente. In quei supremi istanti la maschera mi bruciava sul volto. I miei sguardi smarriti dovevano rivelargli più che dolore. Io volevo confessare la mia colpa — sì, me ne sentivo il coraggio — sentivo il bisogno di umiliarmi, di comparire idolo abbietto e spergiuro su quell’altare dov’egli mi aveva adorata.

Attilio — gridai — Attilio mio....

Ma un pallore terreo si diffuse sulle sue guancie — balzai in piedi chiamando soccorso, pazza d’affanno e di terrore.

Si mandò subito pel medico; era uno svenimento, cagionato dalle soverchie emozioni, per cui la calma più assoluta diventò indispensabile.

Quale notte trascorsi al suo fianco, muta, struggendomi in lagrime!

La cortina azzurra del cielo, perdendo a poco a poco le sue gemme, si fondeva in un grigio diafano attraversato da strisce color di rosa — l’alba spuntava, eterna giovinezza del mondo!

Attilio aperse gli occhi, mi guardò; guardò la luce serena, sorridendo, come se al di-