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106 addio!


gura. Attilio cercò di calmarmi e sopratutto di farmi coraggio.

Ma i tuoni spesseggiavano, strisce di fuoco lambivano i neri nuvoloni che si avanzavano con incredibile rapidità.

Lo sgomento divenne generale. I cavalli, quasi pazzi, si erano dati ad una corsa sfrenata, e i due domestici, lividi di spavento, riunivano invano le loro forze per trattenerli.

Io leggevo negli occhi di mio marito una calma disperazione che era ben lungi dal rassicurarmi.

A un tratto le ruote, trasportate con violenza, inciamparono in un albero che attraversava la via, la carrozza si rovesciò, il cavallo di destra, rotto il freno, proseguì la sua corsa disperata, mentre l’altro anelante cadeva sui ginocchi.

Nel momento terribile io mi sentii sollevata da due forti braccia, e tra lo sfacelo delle molle e dei legni caddi dolcemente senza farmi alcun male.

Ma Attilio?

Attilio per salvarmi non aveva badato a