Pagina:Neera - Addio, Firenze, Paggi, 1897.djvu/103


addio! 89


suo avanzamento. Io colla mia tristezza, col mio bisogno di solititudine gli tornavo d’impaccio. Libero, avrebbe potuto guardare dritto davanti a sè e mirare ai più alti gradi.

— Ti ringrazio — dissi con una tenerezza di gratitudine che mi sgorgava sincerissima dal cuore — tu vuoi mettere ai miei piedi la gloria e gli onori che ti aspettano; non li merito, Attilio, non li voglio!...

Un singhiozzo mi ruppe le parole. Egli si chinò verso di me baciandomi sulle guance e sui capelli e talvolta sulle labbra per impedirmi di parlare — frattanto diceva:

— La mia gloria, il mio onore sei tu — e sei anche la mia unica gioia. Che farei senza il tuo affetto? Nè ambizione, nè povertà mi costringono a vivere per gli altri — sono padrone di me stesso; e poichè tu sei stanca del mondo, quale motivo avrei per rimanervi? Deh! lasciamo questo tetro castello. Vieni con me! È il tuo sposo, è il tuo amante che ti prega....

Mi sentivo affranta; per quel giorno non feci altra resistenza.