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bambino era stato ammalato, forse perchè gli affanni sofferti le avevano guastato il latte: ma adesso stava bene. Isidoro Pane aveva ricevuto le laudi di San Costantino, scritte col sangue, e aveva pianto, ed ora le cantava in chiesa, accompagnato da tutto il popolo. Non si sapeva di chi fossero i versi e Isidoro diceva di averli avuti da un vecchio con una lunga barba candida, vestito di bianco, che gli era apparso un giorno in riva al fiume. Si credeva fosse San Costantino, oppure Gesù Cristo in persona.

E Giacobbe Dejas stava a servizio presso i suoi ricchi parenti; e l’avvocato di Nuoro aveva espropriato la casetta del condannato, lasciandovi le donne per un piccolo fitto. I ricchi Dejas davano spesso del lavoro a zia Bachisia ed anche a lei, Giovanna, e così esse andavano avanti. Era morto di carbonchio Pietro Punia: s’era sposata Annicca detta Spalle d’argento, avevano arrestato un vecchio pastore per un furto di alveari.

Quasi tutta la lettera di Giovanna era piena di queste piccole notizie, che riempirono di soddisfazione, di piacere e d’interesse l’anima di Costantino. Gli parve di respirare l’aria del suo paese; di rivedere le pietre, le macchie selvaggie, le persone, le cose alle quali il suo cuore era attaccato tenacemente.

Soltanto gli dispiacque che Giovanna andasse a lavorare dai Dejas; egli sapeva della passione di Brontu, della domanda respinta, ed ebbe un primo indefinito senso di timore. Giovanna gli