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digliando. E a voce alta, guardandosi attorno per il cortile dove zampillava una fontana: — E la gazza, oggi? — domandava, accennando ad una gazza addomesticata che viveva nello stabilimento, rimpinzata di cibo dai condannati, grassa e sonnolenta, che quando aveva fame chiamava a nome, con una strana voce nasale, i suoi tristi amici.

— Ebbene, sarà crepata! — disse il re di picche. — Che ti può importare di un uccello? Sei come i bambini, Costantino; tu non puoi capire l’importanza che avrà l’opera del Delegato. Indirettamente io ho avuto una magna parte in queste sue scoperte, giacchè sono io che l’ho messo in corrispondenza col Collo d’anitra. Un sunto dell’opera siamo riusciti a mandarlo fuori, ed abbiamo scritto al primo ministro del Re d’Italia. Tu però sta zitto, sai! Vi è stato un grande scienziato che dopo aver letto il sunto disse: «È la più alta manifestazione del genio italiano». Credi pure, Costantino, caro compatriota, il Delegato è salito ad altezze vertiginose. Egli ha amici potenti che si sono recati a Roma appositamente per ottenergli la grazia, ma anche nemici potentissimi. Però la sua opera gli otterrà presto la libertà.

I discorsi del compagno annoiavano Costantino, ma fingeva di ascoltarli con interesse per tenerselo buono, perchè aspettava la risposta di una lettera mandata a Giovanna.

Questa risposta giunse in maggio, e riempì di gioia il condannato. Giovanna scriveva che il