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sconosciuto, e venne messo in fila con altri uomini, a due a due, vestiti di tela, taciturni, simili a bestie mansuete, resi tali da una invisibile potenza. Essi andavano. Dove? Non sapevano dove. Tacevano e non sapevano perchè tacevano. Li condussero al mare, li fecero salire su un lungo piroscafo nero, li chiusero in una gabbia.

Costantino era rassegnato: andava verso l’ignoto, verso il suo crudele destino; ma aveva in fondo al cuore la certezza che verrebbe presto liberato, e non disperava mai. L’andirivieni del personale di bordo, il rumore delle catene, il primo ondular del piroscafo, gli destarono dapprima una curiosità fanciullesca. Non aveva mai viaggiato in mare. Da ragazzo, nel veder all’orizzonte la linea cinerea del Mediterraneo, talvolta sfiorata dall’ala delle vele, egli, nascosto tra i cespugli selvaggi della montagna natìa, aveva sognato di attraversare quelle onde lontane, verso paesi ignoti, verso le città d’oro del continente. Egli sapeva leggere e scrivere; e dalle incisioni del suo libro di scuola conosceva la chiesa di San Pietro di Roma e l’antica città di Gerusalemme.

Gerusalemme! Verso Gerusalemme, che secondo lui era la città più grande e bella del mondo, avrebbe voluto viaggiare, allora, quando attraverso i cespugli di monte Bellu guardava la linea cinerea del Mediterraneo. Adesso attraversava il mare, ma come diversamente dal suo sogno! Eppure pensava che se l’avessero por-