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una lucertola. Eppoi sei ancora più stupido. Tu che puoi sposare una donna pura, ricca, una fanciulla simile ad una rosa rugiadosa, tu vuoi sposare quella donna lì. In verità mia c’è da ridere per sette mesi...

— Ebbene, che tu possa ridere fino a spaccarti come il frutto del melograno! Io la sposerò! — disse Brontu, arrabbiandosi di nuovo. — Nessuna donna è come lei. Io, vedi, io la sposerò!

— E sposala, uccellino di primavera! — rispose l’altro ridendo. Anche Brontu si mise a ridere; e risero assieme a lungo, finchè videro un uomo alto, con un lungo bastone, venire loro incontro a passi silenziosi.

— Zio Isidoro Pane, avete fatto buona pesca? — domandò Giacobbe. — Sono ben punte le vostre gambe?

— Che tu possa diventare pescatore di sanguisughe, — disse il vecchio. — Che odore di acquavite! Ah, devono aver rotto qualche barile, qui!

— Tu vuoi dire che noi siamo ubriachi? — gridò Brontu, minaccioso. — Tu non ti ubriachi perchè non hai di che; allontanati o ti ammazzo. Ti schiaccio come una rana...

Il vecchio fece una risatina soave e si allontanò.

— Stupido, — disse Giacobbe. — Egli può farti l’ambasciata; è amico di Giovanna.

— Ebbene, — cominciò a gridare Brontu, volgendosi e scuotendo le braccia, vieni, vieni!

Deledda. Naufraghi in porto 4