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— Che ne sa lui di bambini? Come tutti i preti, anche lui è un uomo sterile, — disse Brontu, che odiava i preti perchè un suo zio, parroco del paese, aveva lasciato i suoi beni ad un ospedale. Anche zia Martina conservava rancore per questo fatto, ma sapeva fingere, la vecchia volpe, e ogni volta che Brontu parlava male dei preti, ella si faceva il segno della croce.

— Cosa dici tu, scimunito? Tu non sai neppure dove porti i piedi. Prete Elias è un santo. Se egli ti sente parlar male, guai! Egli ha i libri sacri e può maledire i nostri campi e far venire le cavallette e far morire le api.

— Allora è un bel santo! — osservò Brontu, poi insistè: — Come gridava Giovanna? Cosa diceva zia Bachisia, il vecchio nibbio?

Ebbene, Giovanna piangeva da schiantar le pietre, e zia Bachisia si disperava perchè, oltre al resto, adesso l’avvocato e le spese di giustizia l’avrebbero cacciata nuda anche di casa.

Il giovine ascoltava intento, beato, mostrando i bei denti di fanciullo. Nella sua contentezza era semplicemente feroce.

— Ecco, — disse poi zia Martina, — Giacobbe Dejas verrà fra poco, per parlare anche con te. Egli voleva cominciare il servizio domani, ma io gli dissi che aspettasse a lunedì. Ebbene, domani è festa: perchè deve mangiare a ufo?

— San Costantino bello, siete ben stretta (avara) mamma mia...