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— Me lo avete già detto, zia Malthina. Ah, no, lo hanno condannato a ventisette anni...
Zia Martina parve contrariata, non perchè odiasse Costantino, ma perchè credeva infallibili i suoi sogni. Prese la briglia del cavallo, e disse:
— Se posso vado dalle Era questa sera stessa, ma non so se potrò andarci perchè aspetto un uomo, già servo di Basilio Ledda, che deve entrare al mio servizio. Egli è stato testimonio; credo però sia già tornato da Nuoro.
— Credo, — disse l’altra andandosene; e appena rientrata dalle parenti cominciò a raccontare che zia Martina era dolentissima, che aveva sognato la condanna di Costantino ai lavori forzati e che Giacobbe Dejas (questo Dejas povero era cugino in secondo grado dei Dejas ricchi) doveva entrare al servizio dei vicini.
Giovanna allattava il bambino, guardandolo con dolore, e non sollevò neppure il capo; zia Bachisia invece volle sapere molte cose: se la vecchia Dejas era sola, se filava, se filava al buio.
— Senti dunque — disse poi a Giovanna — ella verrà forse stasera.
Giovanna non rispose, non si mosse.
— Non senti, dunque, anima mia? — gridò la vecchia stizzita. — Verrà stasera.
— Chi? — domandò Giovanna, come uscendo da un sogno.
— Malthina Dejas.
— Ebbene, che essa vada al diavolo!
— Chi deve andare al diavolo? — domandò