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Giovanna. Eppure, ricordi teneri e lontani gli passavano nella mente. Ricordò un bacio che aveva dato a sua moglie, un giorno, mentre essa dormiva: ed ella, aperti gli occhi un po’ spaventati aveva detto: credevo fosse un altro!

Ebbene, che sciocchezze andava ricordando? Era uno stupido, null’altro che uno stupido. D’altronde sapeva egli se Giovanna, caso mai egli andasse davvero lo accogliesse o lo respingesse?

Desiderò che ella non lo accogliesse. Sentì che egli doveva vivere e soffrire ancora, ma che, se egli andava ed ella non lo accoglieva, forse un raggio di luce sarebbe ancora sceso nel vuoto gelido che lo circondava. Eppure egli la voleva, la desiderava ancora: non aveva mai cessato un momento di volerla, di desiderarla; però sul suo desiderio soffiava, smorzandolo, qualche cosa di spirituale. Egli sognava ancora una Giovanna onesta, perduta per sempre in questa vita terrena, ma riservata a lui nella vita eterna. Ora se ella tradiva anche il secondo marito, sia pure col primo, non era onesta. Eppoi non era questo il più profondo segreto della sua coscienza. Il più profondo segreto della sua coscienza era ch’egli considerava Brontu Dejas il vero marito di Giovanna.

Eppure...

Potevano esser le dieci, ed egli stava ancora sdraiato sulla panchina, quando un suono melanconico passò per l’aria. Era il giovine cieco che in lontananza suonava la fisarmonica, ac-