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— Tu, — disse — tu sei peggiore o migliore di lei.
— Come?
— Se in questo momento non mentisci, se non sei venuta per tendermi un’insidia col dirmi che ella è sola, sei migliore di lei.
— Perchè dovrei tenderti un’insidia? Io ho pietà di te. Ti giuro sopra, la memoria dei miei morti che se tu vai da lei, stasera, non corri alcun pericolo.
— Chi vi può credere, femmine? Voi non rispettate neppure i morti.
Mattea accennò ad andarsene, offesa ed irritata: egli la trattenne.
— Il cane vile! — disse lei con disprezzo. — Io ho pietà di te, e tu mi frusti. Che hai tu da rimproverarmi? Che cosa, dunque?
Sollevò la lesta con fierezza, mostrando la fronte corrugata: i suoi occhi erano nuovamente pieni d’intelligenza. Egli la guardò, sbalordito che una simile donna parlasse così, che sollevasse la fronte, che osasse guardarlo in quel modo: poi si mise a ridere.
— Io vado, adesso, — ripetè, — vado e torno subito. Prendo anche del vino, sebbene tu non beva. Aspettami. A-spet-ta-mi! — le impose brutalmente, poichè Mattea lo seguiva. — Non mi seccare.
Elia si fermò dietro la porta; egli uscì, ma aveva fatto pochi passi quando sentì la voce grossa di lei richiamarlo.
Tornò indietro fino alla porta nel cui spi-