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Nel sentire che Giovanna era infelice, egli provava una gioia crudele, anzi un senso di voluttà.

Dopo il pasto i due uomini andarono a coricarsi all’ombra del fico selvatico. Il meriggio era caldo; l’aria immobile odorava di papaveri, l’orizzonte svaporava cenerognolo come nei meriggi estivi, e le api ronzavano: Costantino, stanco, disfatto, s’addormentò subito; ma il pescatore non potè chiudere occhio. Una cavalletta verde saltava sull’erba e sui papaveri e Isidoro allungò il braccio e cominciò a darle la caccia.

— Io so perchè vuole andarsene. Egli le vuole ancora bene, povero fanciullo: se resta qui soffrirà come San Lorenzo sulla graticola. Eccolo lì, povera creatura. Sembra un fanciullo malato. Ah, cosa hanno fatto di lui! Lo hanno sbranato, ecco, come si sbrana una cavalletta.

Un’ombra apparve in fondo al sentiero; zio Isidoro riconobbe prete Elias; si alzò, gli andò incontro, lo condusse nella catapecchia: non voleva svegliare Costantino; ma Costantino aveva il sonno leggero, si svegliò, sentì che parlavano di lui!

— È meglio che se ne vada — diceva il prete con voce grave. — È meglio. È meglio.



Ma egli non se ne andò.

I giorni passavano, la gente cessò di mo-