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che invece del costume del paese, indossava un abito di fustagno duro come cuoio, ed aveva un viso lungo e pallido. Sulle prime non lo riconobbe.
Costantino si mise a ridere, un riso stridente che fece male al pescatore. Allora Isidoro riconobbe il suo giovane amico, ma sentì un senso di freddo. Sì, quello era Costantino, ma non era più il Costantino d’una volta. Tuttavia lo abbracciò, senza baciarlo, e sentì il suo cuore fondersi in lagrime.
— Ecco, voi non mi riconoscevate! disse Costantino, liberandosi della bisaccia. — Io lo sapevo.
Anche la sua voce ed il suo accento erano cambiati. Dopo il freddo, dopo la pietà, zio Isidoro provò un senso di soggezione.
— Perchè sei vestito così? Tu potevi attendere a Nuoro: io ti avrei portato il costume. Ed anche il cavallo. Sei tornato a piedi?
— No. San Francesco mi ha prestato il suo cavallo. Ecco, cosa fate, zio Isidoro? Io il caffè non lo voglio. Avete dell’acquavite?
Il pescatore, che si era messo a scoprire il fuoco, si sollevò turbato, confuso di non poter offrire altro che un po’ di caffè.
— Io non sapevo... — disse, aprendo le mani, — ma aspetta, vado subito... Ecco, ti aspettavo e non ti aspettavo... — e s’avviò per uscire.
— Dove? Dove? — gridò l’altro, fermandolo. — Non voglio niente. L’ho detto pen scherzo. Sedetevi qui.