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— Ecco il tuo olio, — disse ad Isidoro, quando egli fu per andarsene. — Potevi fare a meno di portarlo. Quando verrà prete Elias?

— Verrà stasera.

— Sì. Bisogna che Giacobbe si confessi. Il tempo vola, egli sta male. Stanotte non ha chiuso occhio. Ah, — disse poi, — egli mi sembra un uccellino ferito.

— Sono venuti i Dejas?

— Sono venuti. Madre e figlio; anzi Brontu è venuto due volte. Sì, vengono, vengono tutti, ma a che serve? Nessuno può dargli nè la vita nè la morte.

— Son buone e cattive entrambe, per lui, — disse Isidoro, avvolgendo accuratamente nel suo fazzoletto rosso la bottiglia dell’olio.

— E per tutti — rispose la donna.

Poco dopo venne il medico: era già ubriaco; sbuffava, sputava di qua e di là, e qualche volta anche sopra sè stesso; e dalle labbra livide gli scaturiva un alito vaporoso, puzzolente di acquavite. Tuttavia si allarmò per lo stato di Giacobbe.

— Che cosa diavolo hai? — gli chiese rudemente. — Il fianco? Il fianco? Hai diavoli al fianco! Vediamo un po’.

Sollevò le coperte, scoprì il fianco velloso di Giacobbe, lo palpò, vi mise su l’orecchio.

— È un corno! Sei viziato come una creatura, — disse, ricoprendolo in malo modo. Ma quando zia Anna-Rosa lo accompagnò fino alla porta, egli si volse e la fissò.