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più, io non mi burlerò più di nessuno. Ascoltatemi, — disse poi, sempre a capo chino, palpandosi il braccio. — L’inferno è una brutta cosa. Io devo morire, e devo dirvi una cosa. Ecco, non spaventarti, Anna-Rosa, tanto io devo morire. E voi lo sapete già, zio Isidoro, quindi ve lo posso dire. Ecco, sono io che ho ammazzato Basile Ledda.
Zia Anna-Rosa spalancò gli occhi, spalancò la bocca, s’appoggiò al letto e cominciò a tremare convulsa.
— Io non sapevo niente! — gridò Isidoro.
Allora Giacobbe sollevò il viso e cominciò anche lui a tremare.
— Non mi farete arrestare? — disse, supplichevole. — Tanto io morirò. Lo direte poi? Io credevo che lo sapeste! Che cosa hai, Anna-Rò? Non aver paura, non mi farai arrestare.
— Non è questo, — ella disse, rimettendosi alquanto. Le era parso di ricevere un colpo di pietra sul capo: e una cosa misteriosa accadeva entro di lei, come se la sua anima se ne andasse, e ne prendesse il posto un’altra anima che vedeva il mondo, la vita, Dio, in modo diverso: e tutte le cose vedute dalla nuova anima erano piene di orrore, di oscurità, di caos.
— Io non dirò niente. No. No. Ma io non sapevo niente. Come potevo saperlo? — protestò Isidoro. Egli non sentiva orrore di Giacobbe, anzi ne provava pietà; ma nello stesso tempo gli desiderava la morte.
E subito tutti e tre i personaggi del dramma