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rato che pareva un fagotto, col viso roseo sorridente, molte persone corsero a vederlo. Egli distribuì saluti e sorrisi quanti ne vollero; agli amici di Brontu, andati ad incontrarlo, disse di averli veduti a Nuoro, di che essi si compiacquero assai: uno però osservò di non esserci mai stato.

— Fa lo stesso, — rispose il piccolo avvocato, — ci verrai anche tu.

Era un brutto augurio, perchè per lo più quegli uomini andavano a Nuoro per affari di giustizia; tuttavia l’amico di Brontu si compiacque.

Quanto a zia Bachisia gli disse che s’era ingrassato.

— Questo è niente! — egli esclamò; e tutti risero come pazzi.

Il battesimo fu fatto con grande pompa. Forse unica volta in vita sua, zia Martina aveva slargato i cordoni della borsa, facendo venire da Nuoro vini e dolci squisiti; ma la notte non dormiva, ed il giorno viveva in ansia per paura che qualcuno toccasse la roba.

Il giorno del battesimo Giovanna si alzò ed aiutò la suocera a fare i maccheroni per il pranzo d’uso: poi tornò a letto, ma vi rimase seduta, apoggiata ai cuscini, con la coperta lino alla cintola, e dalla cintola in su vestita della camicia e del corsetto da sposa. Aveva anche una cuffia di broccato ed il fazzoletto da sposa; era un po’ esangue, ma bella, con gli occhi più grandi del solito.