Pagina:Naufraghi in porto.djvu/18


— 12 —


che nella Città Eterna tu non abbia visto mai roba da mangiare.

— Eh, l’ho detto io, affermò zia Porredda, — luoghi belli, se volete, ma là tutto si compra a soldi contanti. Io l’ho sentito dire, in verità mia: nelle case non ci sono provviste, come da noi, e quando nella casa mancano le provviste, voi sapete bene che non ci si sazia mai...

Zia Bachisia annuì, perchè purtroppo ella sapeva ciò che è una casa senza provviste.

— È vero o non è vero, dottor Porreddu?

— È vero, — egli diceva, mangiando e ridendo, e agitando le mani bianche dalle unghie lunghissime.

— Perciò egli è diventato una sanguisuga, un vampiro! — osservò zio Efes Maria, rivolto alle ospiti. — Non mi lascia una stilla di sangue nelle vene. Corpo del demonio, si mangia denaro a Roma!

— Ah, se sapeste, — sospirò Paolo, — tutto, tutto è così caro! Una pesca venti centesimi. Ah, adesso sto bene!

— Venti centesimi! — dissero tutti ad una voce.

— Ebbene, zia Bachisia, e poi? Quando Costantino tornò?...

— Ebbene, Paolo Porru... ah, io continuo a darti del tu, sebbene tu sii fra poco dottore, perchè quando eri ragazzino ti ho dato anche qualche scappellotto...

— Non ricordo; andate avanti. — disse il giovine, mentre le narici di Grazia fremevano per la stizza.