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che nella Città Eterna tu non abbia visto mai roba da mangiare.
— Eh, l’ho detto io, affermò zia Porredda, — luoghi belli, se volete, ma là tutto si compra a soldi contanti. Io l’ho sentito dire, in verità mia: nelle case non ci sono provviste, come da noi, e quando nella casa mancano le provviste, voi sapete bene che non ci si sazia mai...
Zia Bachisia annuì, perchè purtroppo ella sapeva ciò che è una casa senza provviste.
— È vero o non è vero, dottor Porreddu?
— È vero, — egli diceva, mangiando e ridendo, e agitando le mani bianche dalle unghie lunghissime.
— Perciò egli è diventato una sanguisuga, un vampiro! — osservò zio Efes Maria, rivolto alle ospiti. — Non mi lascia una stilla di sangue nelle vene. Corpo del demonio, si mangia denaro a Roma!
— Ah, se sapeste, — sospirò Paolo, — tutto, tutto è così caro! Una pesca venti centesimi. Ah, adesso sto bene!
— Venti centesimi! — dissero tutti ad una voce.
— Ebbene, zia Bachisia, e poi? Quando Costantino tornò?...
— Ebbene, Paolo Porru... ah, io continuo a darti del tu, sebbene tu sii fra poco dottore, perchè quando eri ragazzino ti ho dato anche qualche scappellotto...
— Non ricordo; andate avanti. — disse il giovine, mentre le narici di Grazia fremevano per la stizza.