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bambino furbo, cantava a gola spiegata. Il popolo si meravigliava che il piccolo prete cantasse pur dovendo far la predica; molti erano venuti apposta per sentirlo, e tutti, poi, a dir la verità, ascoltavano la messa con poca divozione, chiacchierando e guardandosi curiosamente a vicenda. Bisogna però aggiungere che un caldo soffocante e innumerevoli invisibili insetti molestavano la folla. D’un tratto prete Elias, dopo aver cantato il Vangelo, volse al popolo il viso pallido e tranquillo, e le sue labbra si mossero.
Giusto in quel momento apparve sull’azzurro fiammante della porta la figura di Giacobbe Dejas. Il suo viso satirico aveva un’espressione di trionfo.
Nel vedere che il sacerdote parlava, si fermò sul limitare della porta, con la lunga berretta nera fra le mani; ma non sentì nulla. Allora si avanzò e domandò a bassa voce ad un vecchio:
— Cosa ha detto?
— Io non ho sentito, — rispose il vecchio irritato. — Fanno chiasso come si trovassero in piazza.
Un giovine si volse, guardò Giacobbe, e nel vederlo vestito a nuovo, pulito, trionfante, sorrise maliziosamente.
— Ecco, — disse, — credo che prete Elias abbia detto che l’altro prete ora fa il panegirico.
— L’hai sentito tu? — chiese il vecchio irritato.