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ligioso. E se Dio ci ha castigato, col povero Costantino, è stato perchè, lui stesso lo diceva, ci siamo uniti fuori della legge di Dio.
— Se lui torna te la dà lui la legge! — gridò zia Porredda. — Paolo stesso dice che tu non puoi, per adesso, unirti ad altro uomo che non sia Costantino: e se lui torna ti ammazzerà o ti farà mettere in carcere.
— Vuol dire che sarà il mio castigo. — mormorò Giovanna rassegnata. — Nessuno sfugge alla sua sorte.
— Senti, — disse allora Paolo, — io ti ripeto quello che tante volte ti ho detto: son tutte sciocchezze: prenditi Brontu, se ti piace, anche senza sposarlo: anzi senza sposarlo: e se ritorna Costantino e sei stanca di Brontu, riprenditi Costantino: l’uomo e la donna devono unirsi spontaneamente, dividersi quando non vanno d’accordo. L’uomo...
— Ah, tu sei un animale! — gridò zia Porredda, sebbene non fosse quella la prima volta che sentisse il figlio parlare così. — È il finimondo, questo. Ah, Dio è stanco, ed ha ragione. Egli ci castiga e farà venire il diluvio: già, ho sentito dire che c’è il terremoto.
— Il terremoto c’è sempre stato — osservò zio Efes Maria, che non si sapeva se propendesse dalla parte della moglie o da quella del figlio. Forse intimamente propendeva per la moglie, ma non voleva dimostrarlo per non scapitare nella stima del figlio «letterato».
Paolo tacque, già pentito di quello che aveva